Caterina Zappia

Mi manca il sorriso appeso
al volto mite della sua tristezza,
la lieve carezza dei suoi occhi
come una pezza rabbercciava
i ginocchi della mia povera terra.

Mi manca l’odore forte della ginestra
sulle zolle accese di note silenti
di quell’estati indifese e complicate
di gote spente senza far festa.

Mi manca l’ebbrezza della polvere
di quei sentieri sempre uguali
con le mani a cercare un posto al vento
per sentirmi amare.

Mi manca la voce del mio destino
le rughe del sole e l’innocenza
il miaogolio dei gatti sulla finestra
il vociare della gente sopra i campi.

Mi manca la mia casa, il suo profumo,
la rugiada sul bordo del balcone,
il canto della montagna e la fiumara,
la lista appesa al collo dei miei sogni
e la vecchia roccia calda.

Mi manca ...e poi tutte le parole
nascoste nel solaio
come un padrone custodisce il gregge.
Ora mi manca, ora, quella stagione
quel niente che non aveva un nome,
ma lacrime come grosse scintille
vietavano di vivere nel sole.

Mi manca... e non saprò mai più
contare i panni stesi nel gioco delle notti
saltare appresso a cicale e ranocchi
catturare tante lucciole nel petto
per illuminarmi il cuore.